Camera

Contrasto alla delocalizzazione delle imprese; applicare le sanzioni

Data: 12/11/2019
Numero: 3-01113 / Interrogazione a risposta immediata
Soggetto: MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Data Risposta: 13/11/2019

Per sapere – premesso che: 

secondo il report dell'Istat del giugno 2019 nel biennio 2015-2017 il 3,3 per cento delle medie-grandi aziende che operavano in Italia, circa 700 imprese, hanno delocalizzato all'estero e, di queste, il 62 per cento avrebbe spostato la produzione oltre confine in ragione dell'esigenza di ridurre il costo del lavoro; 

il problema della delocalizzazione delle aziende ha rappresentato negli ultimi anni una questione particolarmente rilevante sotto il profilo economico-produttivo e sotto quello occupazionale, segnatamente per quanto riguarda le aziende medio-grandi con un bacino di occupanti in Italia particolarmente ampio; 

l'attualità con i suoi molteplici casi, in primis il caso Whirlpool, evidenzia quanto questo trend rappresenti un aspetto particolarmente delicato nel panorama economico italiano: la multinazionale americana avrebbe ottenuto dal 2014 ad oggi circa 50 milioni di contributi in conto capitale destinati a garantire la continuità produttiva e soprattutto i livelli occupazionali; 

la questione ha spinto i Governi susseguitisi ad intervenire in merito alla problematica delle aziende che delocalizzano dopo aver beneficiato di contributi pubblici: dapprima la legge di stabilità per il 2014, all'articolo 1, comma 60, ha previsto, a carico delle imprese beneficiarie di contributi pubblici che avessero deciso di delocalizzare entro 3 anni dall'ottenimento delle risorse, con una conseguente riduzione del personale di almeno il 50 per cento, l'obbligo di restituzione del contributo incassato; 

nel luglio 2018 il cosiddetto decreto dignità ha introdotto disposizioni più stringenti per le aziende che hanno inteso delocalizzare prima dei 5 anni trascorsi dall'ottenimento delle concessioni, prevedendo, oltre alla revoca dei riconoscimenti economici, anche una sanzione pari ad un ammontare, dal doppio al quadruplo, di quanto ottenuto dallo Stato come concessione; 

nonostante le disposizioni approvate, al momento presso il Ministero dello sviluppo economico sussistono ben 158 tavoli di crisi, che riguardano anche aziende che hanno operato una cessazione finalizzata alla delocalizzazione, a conferma del discutibile valore deterrente delle citate norme sanzionatorie –: 

quante siano le aziende che hanno restituito i contributi statali incassati e che hanno pagato le sanzioni in seguito alla delocalizzazione della loro attività.

Interrogazione sottoscritta dai parlamentari: LOLLOBRIGIDA, MELONI, RIZZETTO, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI.

DIBATTITO IN AULA

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lollobrigida ed altri n. 3-01113 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto. 

WALTER RIZZETTO (FDI). La ringrazio, Presidente, buongiorno, Ministro Patuanelli. Arriviamo subito al dunque: in pancia e subito dopo l'approvazione del cosiddetto decreto dignità, il fortunatamente, oserei dire, ex Ministro dello Sviluppo economico, suo predecessore, Luigi Di Maio, dichiarò, urbi et orbi, che è finita l'epoca in cui le multinazionali prendono i soldi dal nostro Paese, delocalizzano, se ne vanno e non gli facciamo pagare nulla; quest'epoca, quest'era è finita. Considerato che noi abbiamo molti dubbi rispetto al prosieguo del cosiddetto decreto dignità, che, evidentemente, è restato soltanto nei proclami e nella testa del fortunatamente ex Ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, vorremmo chiedere quante di queste aziende che hanno delocalizzato hanno reso i soldi pubblici alla nostra collettività. 

PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha facoltà di rispondere. 

STEFANO PATUANELLI, Ministro dello Sviluppo economico. Grazie, Presidente, ringrazio gli onorevoli interroganti e ringrazio l'onorevole Rizzetto. Innanzitutto, nella vostra interrogazione citate il caso Whirlpool; ad esempio, faccio questo caso, Whirlpool non è un caso di delocalizzazione, è un caso di riduzione della produzione con la cessione di un ramo d'azienda, quindi, non è il caso in cui c'è una delocalizzazione fuori UE che porta alla restituzione di tutti gli incentivi pubblici ricevuti nel passato e a una sanzione dal doppio al quadruplo dell'importo ricevuto. Io ritengo che la misura prevista nel decreto "dignità" si misuri anche in funzione della sua forza deterrente per operazioni come questa. Innanzitutto, le direzioni generali, dalla data di entrata in vigore del decreto "crescita", nell'erogazione degli incentivi, fanno la valutazione di quanto fatto dall'azienda anche in termini di eventuali delocalizzazioni fatte, ma soprattutto nella predisposizione dei bandi per gli incentivi e, quindi, per i contributi pubblici che le aziende ricevono per l'attuazione del loro piano industriale, viene inserita espressamente la clausola che, laddove vi fosse una delocalizzazione, ci sarebbe la retrocessione di tutto il contributo ricevuto e, ovviamente, il pagamento della sanzione dal doppio al quadruplo. Quindi, l'effetto deterrente del decreto "dignità" è tale che non è ancora stato applicato, perché da quel momento nessuna impresa che abbia ricevuto contributi pubblici ha delocalizzato extra UE. Chiaramente, anche nel caso di Mittal, caso eventuale di azienda che riceve contributi pubblici, non si tratta di una delocalizzazione, e, tra l'altro, non è proprietaria, ma fa una restituzione alla società proprietaria chiedendo la rescissione del contratto di affitto. Lo ribadisco, questo è un elemento che rappresenta un forte deterrente a farlo, tanto che, appunto, non ha avuto ancora applicazione. Quando si trattava di valutare il caso Whirlpool, in queste settimane, ma anche nei mesi precedenti, quando ancora era Ministro dello Sviluppo economico il Ministro Di Maio, erano state sospese le erogazioni di contributi, proprio perché si stava valutando il comportamento dell'azienda che non aveva ancora chiarito se la cessione era una cessione o era una delocalizzazione con retrocessione delle attività produttive del suo stabilimento di Napoli in altra zona produttiva. Questo è uno degli elementi, certamente il tema reale è quali sono gli strumenti che il Ministero dello Sviluppo economico ha a disposizione per andare a risolvere i tavoli di crisi. Questo l'ho già detto, ci sarà un'informativa in Aula che farà un po' di chiarezza anche sui numeri, visto che è stata chiesta un'informativa sul punto e farà un po' di chiarezza anche sul numero dei tavoli; non sono 158 i tavoli che si sono aperti in questi due anni, ma sono 54 quelli che si sono aperti in questo periodo, nei due Governi Conte; gli altri sono tavoli di monitoraggio ma avremo modo di parlarne. 

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto, ha facoltà di replicare. 

WALTER RIZZETTO (FDI). Grazie, Presidente. Ministro, io capisco il suo imbarazzo, al netto del fatto che il Ministro Di Maio è scappato dal Ministero del Lavoro e dal Ministero dello Sviluppo economico per le figuracce che evidentemente ha fatto; lei ha ricordato 158 tavoli di crisi ancora aperti, circa 210 mila lavoratori ad oggi in Italia. Però, vede, Ministro, è nostro costume informarci rispetto alle interrogazioni che svolgiamo in Aula. Io, qui, ho un documento del Ministero dello Sviluppo economico, lei non c'era ancora al Ministero dello Sviluppo economico, e questo documento ufficiale del Ministero, Presidente, dice che, in riferimento alla mail, non risultano imprese decadute o sanzionate ai sensi dell'articolo 5, eccetera eccetera, rispetto al decreto-legge n. 87 del 2018 "Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese". Treofan sta per delocalizzare, Pernigotti ha delocalizzato, Knorr ha delocalizzato in Portogallo, la ABB ha delocalizzato ad Helsinki, molti call center stanno delocalizzando in giro per il mondo, ma non soltanto in giro per il mondo, AlmavivA è un caso di questi. La norma l'avete scritta malissimo e l'avete scritta malissimo per un semplice motivo: perché oramai sono anni che i nostri imprenditori non vanno più a delocalizzare dall'altra parte del mondo, ma vanno a delocalizzare intramoenia, ovvero in Europa, ad un'ora e mezza di aereo dall'Italia, in Romania, in Bulgaria, in Polonia, dove il costo di una lavatrice è esattamente della metà rispetto a Porcia, in provincia di Pordenone, come lei sa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Quindi, l'avete scritta male; nessuna azienda è stata sanzionata post delocalizzazioni, quindi, gli annunci del fortunatamente ex Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Di Maio sono rimasti, Presidente, annunci solamente mediatici, perché attualmente un'azienda può delocalizzare e, quindi, potete buttare nel cestino quello che voi consideravate un elemento di estrema importanza, come il decreto "dignità". Mi dispiace, ma non ci siamo, speriamo che lei svolga un lavoro migliore del suo predecessore (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

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