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Rapporti tra il Corpo forestale dello Stato e i servizi veterinari di Forlì per detenzione di cigni

Data: 24/03/2011
Numero: 5-04447
Soggetto: Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Data Risposta: 25/05/2011

Per sapere - premesso che:

alla fine dello scorso mese di agosto il servizio veterinario provinciale dell'Ausl di Forlì è stato oggetto di un'ispezione da parte di 4 agenti del Corpo forestale dello Stato, in relazione ad un asserito esposto anonimo pervenuto alla sede del Corpo riguardante la detenzione di 2 cigni da parte del servizio veterinario medesimo;

i responsabili del servizio veterinario chiarivano agli agenti che il cigno maschio era stato loro affidato dal gestore del parco urbano di Forlì a seguito patologie recidivanti al petto e alle ali, mentre la femmina era stata acquistata - a loro spese - dai responsabili stessi da un venditore autorizzato, come attestato dalla fattura da quest'ultimo emessa;

i predetti animali (il maschio in terapia in occasione delle recidive della malattia) venivano ospitati in un gabbione di 9 metri quadrati per due metri di altezza, con acqua di bevanda sempre a disposizione ed una grande bacinella per i bagni (in entrambi i casi l'acqua veniva completamente rinnovata almeno una volta al giorno);

la delibera della giunta regionale dell'Emilia-Romagna n. 2966/2001 prevede, per contro, che lo spazio a disposizione per i cigni in periodo di degenza sia pari a 4 metri quadrati a capo;

nei giorni seguenti il dottor Rodingo Usberti, direttore dell'area A del servizio veterinario dell'Ausl di Forlì, veniva raggiunto da un avviso di garanzia, essendo stata ipotizzata - nel caso rappresentato - la violazione dell'articolo 727 del codice penale, mentre i detti cigni venivano posti sotto sequestro sempre il servizio in questione;

il 1° ottobre 2010, alle ore 7 del mattino, sette agenti del Corpo forestale dello Stato, si recavano presso l'abitazione del direttore dell'area B del servizio veterinario dell'Ausl di Forlì dottor Claudio Milandri e dichiaravano di dovere eseguire un «intervento di accertamento urgente» per detenzione di «animale pericoloso» (ex articolo 6 commi 1 e 4 della legge 150 del 1992 e ss. mm. in riferimento agli Allegati A e B del decreto ministeriale 19 aprile 1996 - articolo 10 del codice penale), atteso che nel terreno di sua proprietà era ospitato un capriolo maschio adulto;

immediatamente veniva esibita agli agenti la documentazione idonea a giustificare la presenza del detto capriolo (consegna in affido da parte a firma del direttore dell'area A e dell'intera Area di sanità pubblica veterinaria della ASL; delega dall'ente provincia a detenere qualunque tipologia di animale selvatico consegnato al servizio stesso in pronta disponibilità e sul quale prestare immediatamente attività di primo soccorso per la successiva reimmissione in libertà/affido al CRAS - peraltro non presente in provincia - una volta ottenuta la guarigione);

l'attività del servizio veterinario è resa oramai da lungo tempo, con una media di accessi di circa 300 animali selvatici all'anno, molti dei quali vengono consegnati allo stesso proprio dal Corpo Forestale dello Stato;

nell'ultimo caso citato l'animale (capriolo) si trovava in un recinto presso la proprietà messo a disposizione dell'Area sanità pubblica veterinaria dalla data 27 luglio 2010, sia perché presentava sintomi nervosi ascrivibili a Listeria (tant'è che sull'animale è in corso un'indagine sperimentale assieme all'Istituto Zooprofilattico), sia perché non poteva essere ospitato presso la sede del servizio veterinario provinciale di Forlì per una questione di garanzia di benessere animale e di spazi;

successivamente al detto intervento degli agenti del Corpo forestale dello Stato, veniva disposto il sequestro dell'animale - incomprensibilmente lasciato in loco, nelle stesse condizioni riscontrate al momento dell'intervento e senza che si provvedesse alla nomina di alcuno quale custode - e con l'iscrizione dei sopra menzionati Usberti e Milandri nel registro degli indagati;

l'azione da parte degli agenti del Corpo forestale dello Stato, per come risulta dalle vicende oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, rischia di compromettere la credibilità e la professionalità dei medici veterinari dell'Ausl di Forlì, l'attività dei quali - invece - sia per quanto riguarda la tutela della selvaggina, sia della salute pubblica, appare più che meritori -:

quali siano i motivi per i quali la documentazione esibita dai responsabili dei servizi veterinari, tra cui anche quella della provincia, ente legittimo disporre della gestione della selvaggina, non viene ritenuta idonea dagli appartenenti al Corpo forestale dello Stato;

quali siano i motivi per i quali un animale definito «pericoloso» (la detenzione di animale pericoloso e il concorso di colpa sono i motivi di illecito contestati, come detto, ai predetti Usberti e Milandri) sia stato lasciato nello stesso recinto in cui è stato rinvenuto, senza adottare misure di contenimento particolare.
(5-04447)

Il Sottosegretario Roberto ROSSO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati di seguito.

L'interrogazione in oggetto concerne taluni interventi eseguiti da agenti del Corpo forestale dello Stato (CFS) relativi, rispettivamente, alla detenzione di 2 cigni presso il servizio veterinario provinciale dell'AUSL di Forlì e di un capriolo nel terreno di proprietà di un dipendente del Servizio veterinario della predetta Azienda sanitaria.
In merito alla prima vicenda, il Corpo forestale dello Stato riferisce che, in considerazione che le indagini sono ancora in corso e che l'Autorità Giudiziaria competente non ha dato l'autorizzazione alla pubblicità degli atti, il personale del CFS, intervenuto a seguito di un esposto anonimo, ha ritenuto sussistenti i presupposti per configurare l'ipotesi di reato di maltrattamento animale provvedendo, pertanto, a redigere la relativa informativa all'Autorità Giudiziaria competente.
La vicenda relativa al capriolo, invece, ha tratto origine da un comune controllo sul rispetto della normativa in materia venatoria che ha portato al rinvenimento, sul retro di un'abitazione privata, di un esemplare adulto maschio di Capreolus capreolus (capriolo) privo del prescritto marchio auricolare di identificazione.
Trattandosi di animale selvatico vivente in stato di naturale libertà sul territorio nazionale, nonché di specie tutelata a norma di legge, la detenzione è soggetta ad autorizzazione, la cui mancanza configura ipotesi di reato contravvenzionale ai sensi di legge.
Al riguardo, preciso che il CFS fa presente che la documentazione esibita dal detentore del capriolo (un dipendente del Servizio veterinario pubblico dell'AUSL di Forlì) era costituita solo da una nota informale (priva di n. di protocollo) a firma del Direttore del predetto Servizio veterinario che gli affidava temporaneamente l'animale affetto da crisi convulsivanti ed epilettiformi, senza peraltro indicare il luogo di detenzione e cura, con allegato un modulo per la segnalazione recupero animali selvatici riportante la dicitura «patologia sospetta o in atto».
In aggiunta alla predetta documentazione, è stata altresì fornita una nota dell'Ufficio caccia e pesca della Provincia di Forlì-Cesena che, però, lungi dall'autorizzare la detenzione del capriolo, consentiva al Servizio veterinario di Forlì di occuparsi solo del «primo soccorso e cura».
Peraltro, in sede di controllo non è stata prodotta alcuna cartella clinica comprovante la patologia dell'animale o l'eventuale indagine sanitaria concordata o pianificata tra il predetto Servizio sanitario e l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Forlì, né risulta rinvenuto in loco alcun cartello indicante lo stato sanitario o la pericolosità dell'animale.
Per quanto esposto, il personale del CFS presente al controllo ha ritenuto che detti documenti non fossero sufficienti per la detenzione legittima del capriolo.
A titolo informativo ricordo che, in fattispecie del genere, gli animali devono poi essere trasferiti in appositi Centri di recupero per animali selvatici, debitamente autorizzati.
Ciò premesso, vorrei evidenziare che la decisione di lasciare il capriolo nel medesimo luogo ove era detenuto è stata presa dopo aver sentito l'Autorità Giudiziaria (immediatamente informata sulla possibile pericolosità dell'animale in quanto affetto da crisi convulsivanti e epilettiformi e in considerazione della documentazione prodotta dal detentore, non ritenuta conforme alla normativa in materia), in attesa che la medesima Autorità disponesse gli eventuali accertamenti sanitari e il trasferimento dell'animale presso un Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS) autorizzato e/o strutture adeguate.
Per completezza d'informazione, faccio infine presente che, in esecuzione di un'Ordinanza del Tribunale della Libertà di Forlì, il Corpo Forestale dello Stato ha provveduto ad eseguire il dissequestro penale del capriolo in questione.


Tommaso FOTI (PdL) prende atto che il Governo ha fatto presente che in esecuzione di un'ordinanza del Tribunale della libertà di Forlì il Corpo forestale dello Stato ha provveduto a eseguire il dissequestro penale del capriolo di cui tratta l'interrogazione, evidentemente ritenendo insussistenti i motivi assolutamente infondati del sequestro. Ritiene pertanto che il Corpo forestale dello Stato dovrebbe essere più accorto prima di procedere sulla base della presentazione di esposti anonimi.

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