Rassegna Stampa

Bonaccini fa proseliti a destra - Piacenza non più Cenerentola

Data: 28/07/2021

I plausi trasversali in Consiglio rompono uno storico fronte divisivo 
Levoni (Liberali): «In politica il buono non è soltanto da una parte»

C'era una volta la Piacenza negletta, la Piacenza dimenticata dall'amministrazione regionale, tenuta ai margini da una distanza geografica con Bologna che diventava distanza politica tra la rossa EmiliaRomagna e un territorio di confine che sempre di più si colorava di bianco. Uno schema che la Democrazia cristiana prima, e il centrodestra poi, hanno fatto graniticamente proprio: «Piacenza Cenerentola bistrattata da Bologna», questo lo slogan sbandierato a ogni disfida elettorale con l'obiettivo di erodere la storica roccaforte emiliano-romagnola del centrosinistra. Perciò fanno rumore le parole risuonate l'altro ieri in consiglio comunale. Perché pronunciate da esponenti di centrodestra, anche se a Palazzo Mercanti su fronti opposti (in questo mandato). Parole che quello schema mandano in soffitta. Antonio Levoni (Liberali piacentini) e Massimo Trespidi (Liberi) hanno elogiato il presidente della Regione, Stefano Bonaccini (Pd), per avere «dimostrato con i fatti» - mantenendo cioè la promessa di stanziare i fondi (240 milioni) per la realizzazione del nuovo ospedale - che «Piacenza non è lontana da Bologna». D'un tratto viene «messo a tacere», per usare ancora le parole di Levoni, «chi sosteneva» la rigida contrapposizione politica giocata attorno a "Piacenza Cenerentola". A piene mani, negli anni, vi si è fatto ricorso da destra: «Si può dire che Piacenza sia un po' una Cenerentola, da sempre poco considerata da Bologna», commentava la deputata leghista Elena Murelli il pieno di voti al centrodestra dagli elettori piacentini alle ultime regionali del gennaio 2020. E al giro precedente (novembre 2014) i candidati consiglieri del centrodestra (Silvia Testa, Matteo Rancan, Manuel Ghilardelli, Loredana Bossi, Tommaso Foti, Giancarlo Tagliaferri, Fabio Callori) esortavano a una voce a far sì che il territorio piacentino «non sia più dimenticato», che «non sia più la Cenerentola della Regione», che «i soldi dei cittadini siano spesi per i cittadini e non per servizi che non tornano». «Propaganda ideologica smentita dai fatti», la replica che sistematicamente si levava dal versante opposto: «Piacenza non è la Cenerentola e la Regione è al suo fianco quando mette in campo progetti concreti», rivendicava ad esempio il Pd con Gianluigi Molinari nella campagna elettorale di fine 2019. E nonostante l'economista della Cattolica, Paolo Rizzi, nell'ottobre 2006 scrivesse su "Libertà" di una «relativa inversione di tendenza, soprattutto in termini di risorse attratte a Piacenza in sede di bandi regionali e programmi di sviluppo territoriale», dopo che «per anni ci siamo lamentati che la nostra Regione ci avesse trascurato (Bologna troppo lontana dalla provincia più lombarda dell'Emilia Romagna, si diceva)», in realtà l'apice della polemica si sarebbe toccato nel 2012 con il progetto governativo di riordino istituzionale delle province (ci saremmo dovuti accorpare in un'"area vasta" emiliana) che fece salire sulle barricate il centrodestra al punto di proporre un referendum per passare alla Lombardia Lo stop alla riforma ha stemperato i piani secessionisti. Ma la "sindrome di Cenerentola" ha continuato a tenere banco. «Questione piacentina» la definì il 6 marzo 2015 l'allora direttore di "Libertà", Gaetano Rizzuto, nell'accogliere Bonaccini nel suo tour in città da neoeletto "governatore" chiedendogli «riposte concrete» a un territorio che «vuole vivere da protagonista». Un territorio che però «deve credere di più in sé stesso», senza «piangersi addosso», aveva esortato il presidente in quell'occasione in cui la vicinanza a Piacenza la testimoniò fornendo la prima solida sponda della Regione al progetto del nuovo ospedale. E torniamo così alla non scontata riconoscenza manifestatagli l'altro ieri in consiglio comunale per dare conto della «perplessità» di Antonio Levoni per «lo stupore generato dai miei apprezzamenti al presidente Bonaccini», così come quelli rivolti all'onorevole Paola De Micheli (Pd) per una sua iniziativa quando era ministra alle Infrastrutture: durante le campagne elettorali di qualsivoglia rappresentante politico, scrive in una nota l'esponente dei Liberali, «costantemente gli elettori assistono a propositi etici di largo respiro indirizzati all'esclusivo interesse dei cittadini; praticamente l'interpretazione più integerrima dei principi greci che, con il termine polis, hanno inteso definire il loro assoluto indiscutibile e irrinunciabile obiettivo primario e cioè il bene esclusivo della città». «Sacro il rispetto per gli avversari», secondo Levoni, «non dovrebbero esistere nemici da combattere a tutti i costi, semmai avversari con i quali confrontarsi e cercare, quando possibile, sintesi condivise». Dunque, «se il presidente Bonaccini si impegna con il suo governo regionale di sinistra a realizzare un nuovo ospedale a Piacenza e all'avanguardia, come non gli si può riconoscere il merito di non lasciare Piacenza con più di un piede in Lombardia. E dato che la piacentina Paola De Micheli quando era ministro per le infrastrutture pensò a un programma di sviluppo che quest'anno il premier Draghi ha inserito nel Pnrr e che probabilmente porterà 28 milioni di euro a Piacenza e a fondo perduto, grazie ai progetti predisposti dall'amministrazione Barbieri, dall'assessora Opizzi e dai tecnici comunali, oggi se spendiamo due parole anche per lei mi sembra più che giusto e corretto». «Fare squadra» è «fondamentale», secondo Levoni, «il buono, in politica, non esiste da una parte sola, basta cercarlo».

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