I plausi trasversali in Consiglio rompono uno storico fronte divisivo
Levoni (Liberali): «In politica il buono non è soltanto da una parte»
C'era una volta la Piacenza negletta, la Piacenza dimenticata
dall'amministrazione regionale, tenuta ai margini da una distanza geografica con Bologna che diventava
distanza politica tra la rossa EmiliaRomagna e un territorio di confine
che sempre di più si colorava di
bianco. Uno schema che la Democrazia cristiana prima, e il centrodestra poi, hanno fatto graniticamente proprio: «Piacenza Cenerentola
bistrattata da Bologna», questo lo
slogan sbandierato a ogni disfida
elettorale con l'obiettivo di erodere
la storica roccaforte emiliano-romagnola del centrosinistra.
Perciò fanno rumore le parole risuonate l'altro ieri in consiglio comunale. Perché pronunciate da esponenti di centrodestra, anche se a Palazzo Mercanti su fronti opposti (in
questo mandato). Parole che quello schema mandano in soffitta. Antonio Levoni (Liberali piacentini) e
Massimo Trespidi (Liberi) hanno
elogiato il presidente della Regione,
Stefano Bonaccini (Pd), per avere
«dimostrato con i fatti» - mantenendo cioè la promessa di stanziare i
fondi (240 milioni) per la realizzazione del nuovo ospedale - che «Piacenza non è lontana da Bologna».
D'un tratto viene «messo a tacere»,
per usare ancora le parole di Levoni, «chi sosteneva» la rigida contrapposizione politica giocata attorno a
"Piacenza Cenerentola". A piene mani, negli anni, vi si è fatto ricorso da
destra: «Si può dire che Piacenza sia
un po' una Cenerentola, da sempre
poco considerata da Bologna»,
commentava la deputata leghista
Elena Murelli il pieno di voti al centrodestra dagli elettori piacentini alle ultime regionali del gennaio 2020.
E al giro precedente (novembre
2014) i candidati consiglieri del centrodestra (Silvia Testa, Matteo Rancan, Manuel Ghilardelli, Loredana
Bossi, Tommaso Foti, Giancarlo Tagliaferri, Fabio Callori) esortavano
a una voce a far sì che il territorio piacentino «non sia più dimenticato»,
che «non sia più la Cenerentola della Regione», che «i soldi dei cittadini siano spesi per i cittadini e non
per servizi che non tornano».
«Propaganda ideologica smentita
dai fatti», la replica che sistematicamente si levava dal versante opposto: «Piacenza non è la Cenerentola e la Regione è al suo fianco quando mette in campo progetti concreti», rivendicava ad esempio il Pd con
Gianluigi Molinari nella campagna
elettorale di fine 2019.
E nonostante l'economista della
Cattolica, Paolo Rizzi, nell'ottobre
2006 scrivesse su "Libertà" di una
«relativa inversione di tendenza, soprattutto in termini di risorse attratte a Piacenza in sede di bandi regionali e programmi di sviluppo territoriale», dopo che «per anni ci siamo lamentati che la nostra Regione
ci avesse trascurato (Bologna troppo lontana dalla provincia più lombarda dell'Emilia Romagna, si diceva)», in realtà l'apice della polemica
si sarebbe toccato nel 2012 con il
progetto governativo di riordino istituzionale delle province (ci saremmo dovuti accorpare in un'"area vasta" emiliana) che fece salire sulle
barricate il centrodestra al punto di
proporre un referendum per passare alla Lombardia
Lo stop alla riforma ha stemperato
i piani secessionisti. Ma la "sindrome di Cenerentola" ha continuato a
tenere banco. «Questione piacentina» la definì il 6 marzo 2015 l'allora
direttore di "Libertà", Gaetano Rizzuto, nell'accogliere Bonaccini nel suo
tour in città da neoeletto "governatore" chiedendogli «riposte concrete» a un territorio che «vuole vivere
da protagonista». Un territorio che
però «deve credere di più in sé stesso», senza «piangersi addosso», aveva esortato il presidente in quell'occasione in cui la vicinanza a Piacenza la testimoniò fornendo la prima
solida sponda della Regione al progetto del nuovo ospedale.
E torniamo così alla non scontata riconoscenza manifestatagli l'altro ieri in consiglio comunale per dare
conto della «perplessità» di Antonio
Levoni per «lo stupore generato dai
miei apprezzamenti al presidente
Bonaccini», così come quelli rivolti
all'onorevole Paola De Micheli (Pd)
per una sua iniziativa quando era
ministra alle Infrastrutture: durante le campagne elettorali di qualsivoglia rappresentante politico, scrive in una nota l'esponente dei Liberali, «costantemente gli elettori assistono a propositi etici di largo respiro indirizzati all'esclusivo interesse dei cittadini; praticamente
l'interpretazione più integerrima dei
principi greci che, con il termine polis, hanno inteso definire il loro assoluto indiscutibile e irrinunciabile
obiettivo primario e cioè il bene
esclusivo della città».
«Sacro il rispetto per gli avversari»,
secondo Levoni, «non dovrebbero
esistere nemici da combattere a tutti i costi, semmai avversari con i quali confrontarsi e cercare, quando
possibile, sintesi condivise». Dunque, «se il presidente Bonaccini si
impegna con il suo governo regionale di sinistra a realizzare un nuovo ospedale a Piacenza e all'avanguardia, come non gli si può riconoscere il merito di non lasciare Piacenza con più di un piede in Lombardia. E dato che la piacentina Paola De Micheli quando era ministro
per le infrastrutture pensò a un programma di sviluppo che quest'anno il premier Draghi ha inserito nel
Pnrr e che probabilmente porterà
28 milioni di euro a Piacenza e a fondo perduto, grazie ai progetti predisposti dall'amministrazione Barbieri, dall'assessora Opizzi e dai tecnici comunali, oggi se spendiamo due
parole anche per lei mi sembra più
che giusto e corretto».
«Fare squadra» è «fondamentale»,
secondo Levoni, «il buono, in politica, non esiste da una parte sola, basta cercarlo».
Libertà