Rassegna Stampa

L'ex ministro Tremonti 'Per uscire dalla crisi investire in solidarieta''

Data: 03/12/2023

Il presidente della commissione Esteri della Camera: «L'Italia ha punti di forza e flessibilità. Pesa però l'allarme demografico»

In vista delle domande di rito, chiede di non intervenire sulla stretta attualità, poi si concede una battuta sul presunto piano francotedesco Sarkozy-Merkel (a cui l'ex presidente francese dedica un capitolo del suo ultimo libro) per far saltare l'allora governo Berlusconi. Era il 2011. Giulio Tremonti ricopriva allora la carica di ministro dell'Economia. Fino a quando lo spread, salito a livelli insostenibili, determinò la crisi di quel governo e il successivo passaggio di consegne al governo tecnico di Mario Monti. «Berlusconi a parte, ai tempi fu un errore molto grave quello di Sarkozy-Merkel di dire che gli Stati possono fallire, aprendo di fatto le porte alla crisi greca che poi, a cascata, avrebbe innescato la crisi dell'euro e tutte quelle successive». Poi aggiunge davanti al folto pubblico di Sant'Ilario: «Fidatevi: La politica deve sempre governare la tecnica, come scrive Platone ne "La Repubblica", mai il contrario, altrimenti si finisce con l'andare a sbattere». Una frase che racchiude l'essenza di un pensiero maturato nel corso degli ultimi trent'anni e confluito nell'ultima opera "La globalizzazione. Le piaghe e la cura possibile". Una visione sempre più "no global" («la globalizzazione era inevitabile, ma fu un processo frettoloso e mal governato») e attenta al ruolo dell'Italia in un quadro internazionale completamente mutato: dal nuovo ruolo di protagonista dell'Asia sullo scacchiere internazionale alla crisi finanziaria del 2008 innescata dai sub-prime «che non è mai stata superata, ma solo rinviata». Per arrivare poi alle soglie della rivoluzione digitale in corso. «Dal cogito ergo sum siamo passati al digito ergo sum», dice, «e ci troviamo in un mondo in cui i giganti della rete hanno molto più potere dei singoli Stati», sottolineando come stavolta, a differenza di quanto accaduto durante il processo di costruzione dell'Unione Europea, «di fatto una moneta unica senza sovranità », occorrerà prendere le redini perché «il tempo stringe». Lo suggerisce anche il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti che, assieme alla collega di partito Lucrezia Mantovani e a Francesco Cavedagna (Gioventù nazionale), si ritrova nell'insolita veste di moderatore: «Siamo veramente in zona Cesarini». Tremonti - ora esponente di Fratelli d'Italia - coglie la sollecitazione e con linguaggio che mischia ironia e parole sibilline (come quando al cronista dice che la premier Meloni ha tante qualità, anche senza essere premier), diverte il pubblico con una lectio magistralis di storia economica che tiene incollati alla sedia i numerosi presenti. «In occasione del bicentenario della Rivoluzione francese scrissi sul Corriere (era il 1989) che già si stava allentando la catena politica Stato- territorio-ricchezza. E che la conseguenza sarebbe stato un ridotto potere dei parlamenti. Poco dopo, con la fine del regime comunista, si aprì la strada a un mondo che non riconosce più confini territoriali». La globalizzazione, però, non era sbagliata in sé: «Era inevitabile, ma non funzionò perché venne fatta a tappe forzate». Come invertire ora la rotta? « L'Italia ha tanti punti di forza e un'enorme capacità di adattamento. Oltre che un nuovo triangolo industriale (Milano-Bologna-Veneto) che vale il 50% del Pil. Questo governo si trova però in eredità dieci anni di debito pubblico fatto dai governi di centro-sinistra senza alcuna ragione. E deve fronteggiare un enorme problema demografico: siamo un popolo abbastanza anziano e tra vent'anni sarà un problema finanziare sanità e pensioni. L'impegno programmatico di Meloni deve essere questo: pensare ai figli e alla comunità per cercare di costruire un'Italia, se non proprio più giovane, almeno più unita ». «Un motivo di orgoglio personale?» chiede Foti a Tremonti in chiusura. Risposta: «La legge sul 5 per mille. Oggi andrebbe potenziata. La via per uscire dalla crisi è investire in solidarietà».

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