Non passano gli emendamenti al decreto che diventa legge, resta il tavolo Regioni-Mise per dilazionare l'accorpamento
Pochi lo volevano, ma è successo. L'accorpamento della Camera di
Commercio di Piacenza con quelle di Parma e di Reggio Emilia si avvicina a grandi passi, pena il commissariamento.
Il Senato non ha accolto le modifiche proposte da varie forze all'articolo 61 del Decreto Agosto che introduce il commissariamento per
le Camere di commercio che non
abbiano ottemperato al processo di
fusione entro novembre. E la Camera dei deputati, che ieri affrontava l'argomento, non avrebbe avuto
neppure i tempi per poter ridiscutere l'emendamento all'articolo.
Risultato, il decreto dalla notte scorsa è convertito in legge: entro il 30
novembre si dovrà chiudere la partita della fusione, se no ci penserà
un commissario. La riforma Madia
del 2014 sulle camere di commercio arriva al traguardo.
Intanto i vertici delle camere di Parma e di Reggio Emilia sono scaduti
e le due camere acefale contano le
ore per l'arrivo dei commissari. Piacenza ha un'altra storia. Si è da pochi giorni insediato alla presidenza
Filippo Cella che, all'atto nella nomina, una settimana fa, ha rinnovato il pressing sulle forze politiche
del territorio, parlamentari e consiglieri regionali, affinché giocassero
tutte le carte possibili per evitare che
l'articolo 61 entrasse in vigore e rivendicando soprattutto più tempo
per portare a termine un processo
complesso, tanto più in un momento di emergenza sanitaria ed economica. Tutto vano.
Resta ancora una (esile) carta da
giocare: il tavolo che le Regioni hanno chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico per trattare una dilazione dei tempi e nuove modalità per le fusioni: dal 30 novembre
2020 al 30 novembre 2021 e comunque per discutere i dettagli dell'accorpamento, provando anche a salvaguardare l'autonomia degli enti
camerali che hanno un buon equilibrio di bilancio e conti in ordine, è il caso di Piacenza. Ma per come si
sono messe le cose pare difficile che
si possano ottenere dilazioni.
Sulla battaglia contro l'articolo 61 e
per l'autonomia piacentina si sono
mosse categorie economiche, si è
mossa la Regione, pressoché tutte
le forze politiche (e l'onorevole Tommaso Foti la dava per vinta), con
qualche distinguo. Il Pd non diceva
no alla fusione, ma spingeva per la
dilazione dei termini. Sul piano governativo però l'ha avuta vinta la posizione di Italia Viva, del resto è firmata Renzi-Madia la riforma camerale che giunge al traguardo.
«Più o meno tutte le forze politiche
hanno spinto trasversalmente per
apportare correzioni» conferma oggi Filippo Cella, in attesa delle risultanze del tavolo Stato-Regioni per
pronunciarsi nel merito di quanto
sta accadendo. Ma una cosa la dice.
«Presiedo la Camera ed esco da
ogni logica di partito e di governo,
il mio obiettivo, che abbia un mese davanti, un anno o un giorno, è
di lavorare da subito per portare
tutte le associazioni alla Camera e
per lavorare bene insieme, il resto
mi riguarda in modo secondario.
Stiamo entrando in una nuova
emergenza dura, voglio portare a
compimento sostegni, promozione, bandi e incrementare risorse
per i territori, per una progettualità strategica non c'è tempo ora.
Rimbocchiamoci le maniche, lavoriamo per Piacenza, inutile piangersi addosso».
Libertà