L'INTERVISTA GIANFRANCO PASQUINO / PROFESSORE EMERITO SCIENZA POLITICA
L'ANALISI DEL VOTO: «PARLANO LE CIFRE: L'EMILIA ROMAGNA È
STATA GOVERNATA BENE. I LEGHISTI SAREBBERO APPRENDISTI»
L'esito del voto in Emilia Romagna è «estremamente aleatorio»
ma «credo che Bonaccini alla fine
vincerà. Di poco, ma riuscirà a restare presidente». Parola di Gianfranco Pasquino, politologo e professore Emerito di Scienza politica all'Università di Bologna, che
ha parlato con "Libertà" della partita elettorale del 26 gennaio.
Professore, siamo di fronte alla madre di tutte le battaglie elettorali?
«Le elezioni in Emilia Romagna
sono sicuramente molto importanti. Non so se sia la madre di tutte le sfide elettorali ma ci arriva
molto vicino. Sia perché c'è in ballo la presidenza della Regione con
i partiti che andranno a controllare il potere politico, economico e
sociale della regione, sia per gli effetti che il voto potrebbe avere sul
governo nazionale. Dunque doppiamente importanti».
Avrebbe mai pensato che l'Emilia
Romagna potesse rischiare di cambiare colore politico?
«Mai. Non avrei mai pensato che
una regione governata così bene,
con un notevole senso civico,
all'avanguardia praticamente in
tutti i settori, una regione che ritengo essere una delle poche in
grado di competere con quelle più
avanzate d'Europa, avrebbe vissuto una fase in cui il governo locale
viene sfidato con ragionevoli possibilità di vittoria».
Di chi è la colpa?
«Di voi emiliano romagnoli (sorride, ndr). Della generazione degli
oggi cinquantenni che non ha parlato di politica ai figli. E' mancata
la trasmissione dei valori, o se non
è mancata del tutto comunque
non è stata sufficientemente all'altezza delle nuove sfide. E' cambiata la società emiliano-romagnola,
io direi leggermente in peggio. E
così sono maturate le condizioni
per un tipo diverso di rappresentanza politica».
E poi potrebbe esserci l'effetto-Piacenza, ormai considerata una roccaforte leghista. Salvini lo ha detto
chiaramente: "io punto su Piacenza".
«In questi casi propongo il test della ferrovia. Quando uno va in stazione alla mattina alle 7 bisogna
chiedersi: dove vanno i piacentini? Due terzi vanno verso Milano
e nel migliore dei casi un terzo
viaggia verso sud per Parma o Bologna. A Piacenza c'è un'influenza fortissima della Lombardia. Chi
va a lavorare a Milano si confronta con quella realtà e trova un clima politico diverso, nonostante
oggi ci sia un sindaco di centrosinistra (Beppe Sala, ndr). Il clima
dell'Emilia è complessivamente
molto diverso».
Mi permetta una divagazione. Tra i
tanti ricordi di elezioni a cui ha partecipato anche come candidato, ce
n'è uno non felice che la lega a Piacenza. Ricorda le Politiche del 1996?
«Non solo fu una sconfitta, ma
quel voto segnò la fine della mia
carriera parlamentare. Persi per
351 voti, ne bastavano 176 per invertire la tendenza. Il candidato
dello schieramento avverso era un
piacentino (Tommaso Foti, ndr) e
in fondo è giusto che i piacentini
manifestassero una preferenza per
lui. E poi in quell'occasione sbagliammo la campagna elettorale.
Ne prendo atto. Intendiamoci, non
è che ne sia contento. Mi dispiace
ancora oggi perché senza certi errori si poteva vincere».
Torniamo alla campagna elettorale. Di recente ha detto che Salvini ha
lanciato "una sfida vera" alla sinistra toccandola nei suoi luoghi simbolo come il PalaDozza e che nonostante ciò da parte del centrosinistra non c'è stata una mobilitazione, piuttosto una rassegnazione.
Perché?
«A Salvini piace fare campagna elettorale. Non solo, sta andando
in tutte le bellissime piazze
dell'Emilia Romagna e tra l'altro
Salvini deve sapere che in questa
regione ci sono anche delle bellissime spiagge perché il Papeete si
trova in Romagna. Battute a parte,
ciò significa che va in giro, vede
gente, stringe mani, fa selfie. E' un
uomo da campagna elettorale ed
è un fattore importante. Invece la
sinistra solitamente fa campagne
elettorali in maniera quasi addolorata. Non la vedo rampante, allegra, incisiva. E questo vale anche
per Bonaccini. Sembra quasi costretto a fare la campagna elettorale, sa che farebbe meglio altre cose. Questo non va bene perché in
politica quello che conta davvero
è il contatto con le persone. E da
questo punto di vista Salvini è di
molto superiore a tutti».
Lei parla di Salvini, ma la candidata
del centrodestra è Lucia Borgonzoni?
«Ma molto trainata da Salvini. La
differenza la può fare lui».
Però alla fine contano i fatti. Come
giudica l'operato di Bonaccini in questi cinque anni?
«Non sono tanto io a dover giudicare, parlano le cifre. L'Emilia Romagna è la Regione con la più bassa percentuale di disoccupati in
Italia, con il numero più alto di
donne occupate, con il sistema sanitario migliore (insieme alla Lombardia pur con modelli diversi), è
la regione che esporta di più in Europa e che ha un Pil molto elevato.
Tutti i dati dicono che l'Emilia Romagna è stata governata bene. Naturalmente se fossi un salviniano
le direi che tutto ciò non è merito
della politica, ma della società, delle imprese e anche questo è vero.
Però gli imprenditori sono bravi
perché sanno che quando i politici sono validi, si assumono impegni e li mantengono. E' il concetto
di prevedibilità dei comportamenti politici. Faccio fatica a pensare
che ci sia qualcuno che vuole cambiare. Però mi sono fatto un'idea e
quello slogan della Borgonzoni è
davvero efficace».
Intende "Liberiamo l'Emilia Romagna"?
«E' buono perché affronta un punto rilevante. Sostanzialmente dice: cambiamo perché è ora di cambiare, basta con le solite facce, le
stesse ricette. Noi vi proponiamo
qualcosa di diverso e questo cambiamento è buono. Io non lo penso, ma questo elemento del "basta
con il partito comunista e i suoi
eredi" ha una qualche presa».
Fa bene Bonaccini a smarcarsi dal
Pd?
«Non è tanto lo smarcarsi dal Pd,
ma dai partiti in generale. Vuole dire che ha una personalità che va
oltre, assume il ruolo di governante di tutti. Questo elemento c'è, ma
se me lo chiede le dico spassionatamente che invece bisogna ricostruire un sistema dei partiti e non
smarcarsi. Tuttavia capisco Bonaccini: deve andare oltre il confine
del Pd che non è già più il primo
partito della regione perché alle
Europee la Lega lo ha sopravanzato».
Perché il centrosinistra è in difficoltà? Cosa ha perso?
«C'è un dato cruciale che riguarda
la frammentazione. Il Pd ha perso
dei pezzi, non è stato il punto di aggregazione delle migliori energie
riformiste che in molti auspicavano. Il Pd ha perso la voglia di fare
politica. Oggi i suoi circoli sono
luoghi desolati mentre una volta le sezioni del Pci erano luoghi dove si discuteva di politica, si facevano analisi, ci si accalorava. Tutto questo è finito. Certo non è colpa solo del Pd, mi si potrà dire. Però un partito deve saper stare sul
territorio e quelli del Pd non li vedo molto in giro».
Però oggi ci sono le sardine nelle
piazze. Lei si sente un po' sardina?
«No non mi sento sardina, ma
nemmeno uno squalo. Sono un
tranquillo pesce che spera di migliorare l'acqua nella quale si vota
o si nuota. Però ho letto con piacere che uno dei quattro promotori,
Mattia Santori, ha detto al "Foglio"
che se uno assisteva alle lezioni del
professor Pasquino non poteva diventare populista. Ecco, apprezzo
molto».
Vesta i panni di Bonaccini. Cosa direbbe agli elettori?
«Prima di tutto il centrosinistra
non deve dimenticare il bilancio
positivo di tutti questi anni. Nel
1945 la regione era agli ultimi posti, adesso è tra i primi. L'abbiamo
fatto noi e possiamo migliorare.
Qui partiamo da una base elevatissima, noi sappiamo come si governa, mentre gli altri arrivano impreparati. Ma davvero voi volete
che questa regione venga governata dai leghisti? Loro qui non
hanno la preparazione che magari hanno in altre realtà come la
Lombardia o il Veneto. Qui comincerebbero come apprendisti. Ecco, gli comunicherei questi messaggi».
Il voto in Emilia Romagna quali ripercussioni potrebbe avere sul governo Conte II?
«Se vince Bonaccini nessuna. Si tirerà solo un sospiro di sollievo. Se
vince Borgonzoni tutti nel centrosinistra dovranno interrogarsi e
guardare all'esito del voto, vedere
che fine ha fatto il Movimento 5
stelle, se il Pd ha tenuto, quanti voti ha preso Bonaccini da solo. Dopodiché penso che il governo regge perché ha una maggioranza
parlamentare e se ha cose da fare
e ci riesce le faccia. Se vince la Borgonzoni sarebbe una brutta lezione per il centrosinistra, ma da cui
imparare».
A proposito di 5 stelle. Hanno deciso di andare da soli. Ma sono davvero sul viale del tramonto come
qualche analista sostiene?
«Non penso siano finiti, ma ho la
sensazione che stiano rotolando.
Stanno rotolando perché il loro capo politico Di Maio ha dimostrato
la sua straordinaria mediocrità. E'
semplicemente inadeguato. Molte delle loro proposte programmatiche contemplano riforme irrealizzabili, non hanno ancora acquisito tutte le competenze necessarie per governare un paese come
l'Italia che, con tutte le critiche che
possiamo fare, resta pur sempre
un paese importante. Studiassero
un po' di più invece di far pagare
gli scontrini o espellere e così via.
Però anche se in Emilia Romagna
rischiano di andare molto male,
non credo siano finiti».
Faccia un pronostico: come finiranno le elezioni?
«Credo vincerà Bonaccini, di poco, ma di quel che basta per restare presidente. Però mi faccia dire:
le previsioni sono rese complicate da due variabili. C'è un'alta percentuale di elettori che cambia
idea da un'elezione all'altra, quella che tecnicamente si chiama volatilità elettorale: lo fa perché cambia la posta in gioco ma anche perché è insoddisfatto di quello che
ha votato la volta precedente. L'altra variabile è che gli elettori decidono come votare forse due o tre
giorni prima del voto quindi conta moltissimo quello che partiti e
candidati dicono nell'ultima settimana. Conta moltissimo evitare
errori e scivoloni in quei giorni. Ecco, questo rende ancor più aleatorio l'esito del voto».
Libertà