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Istituzione del Giorno del ricordo delle vittime cadute nei gulag sovietici

Data: 29/04/2008
Numero: 154-cancel

RELAZIONE


Onorevoli Colleghi! - Ci sono pagine, nella storia degli uomini e delle nazioni, che grondano di dolore e d'ingiustizia.Il ventesimo secolo, già martoriato dalle due guerre mondiali, ha subìto anche l'onta dell'immane tragedia dei deportati nei campi di sterminio sovietici.Pochi sono i libri di storia che documentano questo massacro.Accurate ricerche hanno portato alla luce un numero drammatico di persone che, dalla salita al potere del regime comunista in Russia nel 1917, sono state deportate in questi campi di «amministrazione controllata» sottoposte a torture e uccise.Il dato è impressionante: gli internati furono circa diciotto milioni e circa quattro milioni e mezzo non fecero più ritorno.La parola «gulag» è l'acronimo di Glavnoe Upravlenie Lagerej, ossia amministrazione generale dei campi. Nel corso del tempo il termine è passato ad indicare non soltanto l'amministrazione dei campi di concentramento, ma anche l'intero sistema sovietico di lavoro forzato, in tutte le sue forme e varianti: campi di lavoro, campi di punizione, campi per criminali comuni e politici, campi femminili, campi per bambini, campi di transito.In un'accezione ancora più ampia, la parola «gulag» denota ormai lo stesso sistema repressivo sovietico, ovvero l'insieme delle procedure che un tempo i prigionieri chiamavano «tritacarne»: arresti, interrogatori, trasferimento in carri bestiame senza riscaldamento, lavoro coatto, distruzione di famiglie, anni trascorsi in esilio, morti precoci ed inutili.Il gulag aveva dei precedenti, nella Russia zarista, nelle squadre di lavoro coatto che dal diciassettesimo secolo fino all'inizio del ventesimo operarono in Siberia; assunse la sua forma moderna e più nota quasi subito dopo la rivoluzione russa, diventando parte integrante del sistema repressivo sovietico.Il terrore di massa contro gli oppositori, reali (per lo più politici filodemocratici) o presunti, fu un fattore determinante della rivoluzione fin dall'inizio: già nell'estate del 1918 Lenin, il leader della rivoluzione, aveva chiesto che gli elementi inaffidabili fossero rinchiusi in campi di concentramento fuori dalle mura delle città più importanti. Vennero quindi imprigionati numerosi aristocratici, commercianti e altri definiti «nemici potenziali».Nel 1921 c'erano ottantaquattro campi di prigionia disseminati in quarantatre province, per la maggior parte destinati a riabilitare questi nemici del popolo.Dal 1929 questi campi di concentramento assunsero un nuovo significato. Quell'anno Stalin decise di avvalersi del lavoro dei detenuti per accelerare l'industrializzazione dell'Unione Sovietica e per estrarre le risorse naturali nell'estremo nord del Paese, quasi inabitabile.In quell'anno, inoltre, la polizia segreta cominciò ad assumere il controllo sul sistema penale sovietico, sottraendo a poco a poco all'autorità delle istituzioni giudiziarie tutti i campi e le prigioni del Paese. Grazie agli arresti di quegli anni i campi entrarono in un periodo di rapida espansione.Alla fine degli anni '30 se ne trovavano in ciascuna delle dodici fasce di fuso orario dell'Unione Sovietica.Contrariamente a quanto si è soliti ritenere, dopo gli anni trenta il gulag non cessò di svilupparsi, anzi continuò ad espandersi raggiungendo l'apice negli anni cinquanta.In quell'epoca i campi svolgevano ormai una funzione fondamentale nell'economia della Russia comunista. Fornivano un terzo dell'oro sovietico, buona parte del carbone e del legname e molto di tutto il resto.Nel corso dell'esistenza dell'Unione Sovietica sorsero almeno quattrocentosessantasei diversi complessi di campi.I prigionieri lavoravano in quasi tutti i settori produttivi, erano costretti a lavorare fino a quasi venti ore al giorno senza pause, in condizioni disumane, ricevendo un pasto al giorno se erano fortunati e a volte rimanendo senza cibo per giorni. L'igiene personale era inesistente.Con la morte di Stalin i campi subirono un declino, quasi estinguendosi.I campi non si estinsero però del tutto, quelli che rimasero ebbero un'evoluzione: negli anni settanta e all'inizio degli anni ottanta alcuni di essi furono ristrutturati e riadattati per potervi rinchiudere una nuova generazione di attivisti democratici e scrittori non allineati al regime. Simbolo di costoro il premio Nobel per la letteratura Aleksandr Solgenitsin che, con l'opera «Una giornata di Ivan Denisovic» descrisse con crudo realismo la disperata vita all'interno dei gulag. Anche molti scienziati furono internati in questi campi, tra loro Kapitza e Sacharov.Solo nel 1987 Mikhail Gorbacev cominciò a smantellare completamente i campi politici dell'Unione Sovietica.La data che sancisce definitivamente la fine di questa pagina buia e orrenda del novecento è il 24 agosto 1991, con la caduta del regime comunista e la salita al potere in Russia di Boris Eltsin.In ogni caso, anche se durarono quanto la stessa Unione Sovietica, e anche se vi passarono molti milioni di persone - molte delle quali non hanno fatto ritorno - fino a poco tempo fa, e ancora adesso, la vera storia dei campi di concentramento non era e non è ben conosciuta.Persino i fatti nudi e crudi, seppure ormai noti alla maggior parte degli studiosi occidentali di storia sovietica, non sono ancora filtrati nella coscienza dell'opinione pubblica occidentale.«La conoscenza umana non si accumula come i mattoni di un muro, che cresce regolarmente grazie al lavoro del muratore» ha scritto una volta lo storico Rigoulot, «il suo sviluppo, ma anche il suo ristagno o arretramento, dipende dal contesto sociale, culturale e politico».Si può affermare quindi che il contesto sociale, culturale e politico per la conoscenza di questi misfatti non esiste ancora. L'ideologia comunista negli anni ha contribuito a sommergere questi delitti e nelle scuole mai se ne è parlato.L'ideologia ferma e dura di alcuni politici, anche cosiddetti moderati, ha fatto sì che poco si parlasse dei gulag: ha distorto il modo in cui abbiamo conosciuto la storia del crudele e disumano regime comunista sovietico.Una grossa parte della sinistra estrema e anche di quella moderata - in particolare di quella italiana - si è sforzata negli anni di spiegare e talvolta persino di giustificare i campi di internamento e il regime di terrore che li aveva prodotti.Si è negli anni tentato di sommergere questo dramma: ciò è dimostrato dalla repressione e dalla pubblicazione tardiva e incompleta di racconti su questi tragici eventi.Oggi è perciò importante, per far emergere questi misfatti equiparabili a quelli compiuti dal nazismo durante la seconda guerra mondiale, ricordarli e insegnarli alle future generazioni, perché possa essere evitato il ripetersi di errori e tragedie.Il primo fondamentale passo per garantire la conoscenza dei fatti sin qui descritti è istituire un giorno in ricordo di queste vittime, analogamente a quanto è stato giustamente fatto per l'olocausto, e il giorno adatto sarebbe quello della caduta del regime comunista: il 24 agosto.L'approvazione della presente proposta di legge, che ci auguriamo rapida e condivisa da tutte le forze politiche, sarebbe un passo fondamentale per la ferma condanna di ogni dittatura, nonché un monito per le nuove generazioni al rifiuto di ogni totalitarismo.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.


1. La Repubblica riconosce il giorno 24 agosto, ricorrenza della caduta del regime comunista dell'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, quale «Giorno del ricordo delle vittime cadute nei gulag sovietici», al fine di consegnare alla memoria la tragedia degli internati nei campi di concentramento comunisti.

2. In occasione del Giorno del ricordo di cui al comma 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza di quanto accaduto nei campi di concentramento sovietici ed è altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di ricerche, convegni, incontri e dibattiti idonei a conservare la memoria di quelle vicende.

3. Il Giorno del ricordo di cui al comma 1 è considerato solennità civile ai sensi dell'articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260. Ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54, esso non determina riduzioni dell'orario di lavoro negli uffici pubblici e non costituisce giorno di vacanza né può comportare riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado.

4. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

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TommasoFoti
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